L’Assenzio
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“L 'absinthe” di Edgar Degas (1875-1876)
Che cos’è:
L'assenzio è un distillato ad alta gradazione alcolica all'aroma di anice derivato da erbe quali i fiori e le foglie dell'assenzio maggiore (Artemisia absinthium), dal quale prende il nome. Pur essendo classificato come distillato, viene erroneamente definito un liquore, ma non lo è, perché l'assenzio è prodotto da una trasformazione a caldo tramite alambicco e imbottigliato senza l'impiego di zucchero. Essendo di colore verde (naturalmente o mediante l'uso di coloranti artificiali), l'assenzio si è affermato anche con l'epiteto Fée Verte (Fata Verde). Viene generalmente bevuto aggiungendo dell'acqua ghiacciata e/o dello zucchero. Questo tipo di preparazione è una parte importante, quasi una sorta di rito, per chi beve assenzio. In aggiunta alle foglie di assenzio, esso contiene semi di anice verde, semi di finocchio, issopo, melissa, artemisia pontica e diversi altri ingredienti che cambiavano da distilleria a distilleria. L'assenzio è prodotto per macerazione e diretta distillazione degli ingredienti. Successivamente, qualora opportuno, lo si colora con un'ulteriore macerazione di erbe tra cui l'artemisia pontica, l'issopo e la melissa. Sembrerebbe una tesi priva di fondamento quella secondo cui l'assenzio venisse in alcuni casi adulterato con oppio: non esiste alcun documento storico che lo confermi e nessuna ricetta storica che ne parli. Il contenuto alcolico è estremamente elevato per permettere alla clorofilla di restare stabile il più a lungo possibile (tra il 45% ed il 75%). Storicamente, c'erano 4 varietà di assenzio: ordinario, semi-eccellente, eccellente, e superiore o svizzero, l'ultima delle quali aveva un tenore alcolico maggiore rispetto alle altre. Il miglior assenzio contiene dal 65% al 75% di alcol. La notevole popolarità che l'assenzio ebbe durante il XIX secolo (grazie anche a prezzi relativamente contenuti e accessibili a tutti i ceti) portò i produttori di vini, cognac e whisky a iniziare una vera e propria guerra contro l'assenzio, guerra che fu prontamente accolta dai governi per poter porre fine al diffuso alcolismo, piaga del XIX secolo francese.Il tardo pomeriggio tra le 17 e le 19 divenne "l'ora verde" dal colore della bevanda, chiamata anche Fata Verde: era il momento della giornata in cui i parigini non rinunciavano ad una pausa dedicata al famoso liquore.
Assenzio: Splendore e oblio
L'Artemisia Absinthium o Assenzio è una pianta erbacea spontanea. Il nome è ispirato ad Artemide, dea della fertilità ed è una pianta perenne. La fama delle sue grandi virtù terapeutiche arriva da lontano: già nel 1600 a.c. esse sono citate in un papiro dall'antica civiltà egizia e, nei secoli successivi, ampiamente utilizzate dai Romani, Celti, Arabi, e più tardi anche dai medici del Medioevo. Di fatto, l’uomo acclamato come l’inventore dell’assenzio come lo conosciamo oggi era un medico francese chiamato Pierre Ordinaire, che nel 1792, dopo essere fuggito dalla Rivoluzione Francese, si stabilì a Couvet, in Svizzera, dove trovò l’erba assenzio maggiore. Come molti medici di campagna, egli preparava i propri rimedi e conoscendo l’uso dell’assenzio nei tempi antichi, iniziò a sperimentarlo. Dr Ordinaire distillò un forte liquore (68° Vol.) contenente assenzio, anice e svariate quantità di altre erbe comuni. Il suo assenzio divenne estremamente famoso come toccasana a Couvet e fu denominati già da allora "La Fée Verte". L’uso dell’elisir di assenzio e il vino miscelato all’assenzio risale a migliaia di anni di fa, ma Dr Ordinaire fu indubbiamente il primo a promuovere La Fée Verte, così come la bevanda divenne famosa nel XIX secolo. Durante questo periodo molte distillerie comparvero in Francia e in Svizzera producendo marchi diversi di assenzio. La storia continua e dalla fine dell'800, per tutta la Belle Epoque ed oltre ancora, l'Assenzio diventa un elemento fondamentale dello stile di vita Bohemien: dalla pianta viene ricavato un liquore fin troppo amato e celebrato dai più geniali e famosi artisti del tempo. A fronte di questo enorme successo, il declino dell'assenzio fu altrettanto rapido: scomparve da tutti i mercati d'Europa e d’oltre oceano in poco più di un decennio. Le ragioni di questo oblio possono essere: innanzitutto il forte movimento che si batteva contro l'alcolismo e che attraversò tutta l'Europa nei primi anni del Novecento e la pressione esercitata dai produttori di vino francesi preoccupati dalla crescente popolarità dell'assenzio. Ma l’assenzio non era solo una tremenda bevanda alcolica (ben 73 gradi ), era soprattutto una via per accorciare la vita. L’assenzio infatti contiene un alcaloide tossico capace di suscitare stati di allucinazione così cari a questi poeti, ma anche crisi epilettiche e cirrosi epatica. Per la sua pericolosità nel 1914 lo stato francese proibì la vendita dell’assenzio considerato una vera e propria arma suicida.
“Absinthe Drinker” di Viktor Oliva
La preparazione della bevanda
L'assenzio, originariamente, non veniva quasi mai bevuto puro, ma solo dopo essere diluito. In ogni caso poteva essere consumato anche non diluito.
Liscio: si beve direttamente come tale, preferibilmente servendolo in un bicchierino da liquore.
Rituale classico:Si versanel bicchiere una dose di assenzio, si appoggia un cucchiaino apposito, forato con una zolletta di zucchero sopra, e con una brocca, si fa gocciolare dell'acqua ghiacciata (5 parti per 1 parte di assenzio) sullo zucchero per stemperarlo dolcemente. L'acqua e lo zucchero hanno la funzione di diluire ed addolcire la proverbiale amarezza dell'assenzio. Tale preparazione venne via via canonizzata fino a definire un vero e proprio rituale, che prevedeva l'uso di appositi bicchieri e cucchiai forati. I tipici bicchieri d'assenzio erano in genere dei piccoli calici, eventualmente con una linea di livello per segnalare la giusta dose di liquore. L'assenzio bevuto in questo modo, rimane fresco e con un gusto dolce al punto giusto; inoltre, diventa bianco trasparente... diversamente, non è assenzio: questa è una proprietà degli alcaloidi dell'artemisia, ed è l'unico vero metodo per scoprire se quello che si sta bevendo è assenzio o un surrogato. Dopo aver fatto scivolare lo zucchero in fondo al bicchiere si deve agitare un po' e sorseggiare pian piano.
Rituale flambé: Al contrario del rituale classico ha una storia ben più recente e decisamente meno affascinante. Tra il 1990 e il 1995 a Praga iniziarono a diffondersi i primi surrogati d'assenzio (che d'assenzio avevano soltanto il nome) e poiché i baristi altro non sapevano se non che le leggende lo volevano come "la droga dei poeti maledetti" non fecero altro che prendere in prestito il rituale dell'eroinomane che scalda l'eroina sul cucchiaio e la adattarono all'assenzio. Il rituale flambé o bohemiènne: si mette prima di tutto il cucchiaino con lo zucchero sopra il bicchiere, si versa l'assenzio bagnando la zolletta di zucchero e successivamente avvicinandola al liquore. Fatto questo si incendia la zolletta in modo che il fuoco caramelli lo zucchero che gocciolando infiamma anche l'assenzio. Fatto caramellare per una quindicina di secondi si spegne il fuoco e si allunga la miscela con acqua. Questo metodo rende l'assenzio caldo e inebriante.
Il 2001 è l'uscita di un famoso film, "la vera storia di Jack lo squartatore", che ha contribuito a consolidare un'altra delle leggende moderne in tema, ovvero che la bevanda fosse spesso bevuta con l'aggiunta di laudano. L’ispettore inglese Frederick Abberline è visionario antiproibizionista dedito all'oppio e all'assenzio. L’uomo che dà la caccia all’omicida di prostitute richiama una nota di tristezza e di lento declino verso l’oblio che lo rende indimenticabile. Il personaggio muore, vittima dell’assenzio e delle sue malinconie perdute.
Assenzio, fonte di ispirazione artistico-letteraria.
L'assenzio è noto per la popolarità che ebbe in Francia, specialmente a causa dell'associazione con gli scrittori ed artisti parigini del Romanticismo, alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX, fino alla sua proibizione nel 1915.
« Un bicchiere d'assenzio, non c'è niente di più poetico al mondo. Che differenza c'è tra un bicchiere di assenzio e un tramonto? Il primo stadio è quello del bevitore normale, il secondo quello in cui cominciate a vedere cose mostruose e crudeli ma, se perseverate, arriverete al terzo livello, quello in cui vedete le cose che volete, cose strane e meravigliose. »
Queste le parole di Oscar Wilde, artista estimatore e bevitore dell'Assenzio. Infatti l'assenzio fu l'ispirazione del modo di vivere bohemiènne ed era la bevanda preferita di artisti famosi come Vincent Van Gogh (pittore olandese dell’800), Toulouse Lautrec (pittore francese del tardo ‘800) ed Ernest Hemingway (scrittore statunitense del ‘900), che dichiarò di amare l'assenzio per i suoi effetti di far cambiare le idee. Essendo una bevanda che è sempre stata rinomata per la sua potenza, i gentiluomini di cattiva reputazione al Moulin Rouge erano famosi per servirsi dell'assenzio per convincere le signore a condividere le loro idee. Ma in che senso si può dire che questa bevanda può essere considerata come fonte d’ispirazione dell’arte e della letteratura? La risposta sta nelle opere degli artisti stessi. La “Fee Verte”, infatti, fu protagonista di numerosi quadri, poesie, racconti. Ma non fu solo questo. Con le sue proprietà allucinogene l'assenzio divenne ben presto, per innumerevoli artisti di fama mondiale, non solo una bevanda, non solo una droga da consumare: si trasformò in un vero e proprio veicolo attraverso cui poter partecipare ad immagini fantasiose, allucinate, surreali, talvolta meravigliose, di cui poi scrivere, dipingere, parlare. Difatti l'assenzio non è una droga vera e propria, ma è considerata tale a causa dei suoi effetti particolari:il moderato bevitore di vino tende all'allegria, alla socializzazione, il bevitore di birra ha una ubriacatura più profonda; il bevitore di assenzio è invece perso nelle sue fantasticherie, la sua creatività aumenta, e per questa proprietà esso divenne la bevanda preferita fra gli artisti. Non a caso Baudelaire, tra i più celebri consumatori di assenzio, dedicò un intero libro ai cosiddetti Paradisi Artificiali: i mondi immaginari creati dalle allucinazioni da droghe. Ma non è tutto oro quello che luccica il poeta Ernest Dowson, morto a 33 anni a causa dell'alcolismo, in una lettera scritta ad un suo amico commentava l'assenzio:
« In realtà è un errore invaghirsi dell'assenzio. Come alcol robusto, è inferiore al nostro vecchio scotch. Io stamattina mi sono svegliato con i nervi a fior di pelle e un alito pestilenziale. È estremamente nocivo per la pelle. Non ho mai avuto un aspetto così vizioso come questa mattina. »
L’ assenzio era il liquore prediletto dei poeti maledetti; Baudelaire e Verlaine probabilmente scrissero le loro le poesie più belle sotto i fumi del suo alcol. Con l'appellativo di Poeti maledetti (Poètes maudits o anche solo Maudits) si definiscono tutti quei poeti ai quali Paul Verlaine dedicò nel 1883 l'opera omonima. In realtà, nel senso originario dato da Paul Verlaine, "maledetti" significava semplicemente trascurati dagli onori pubblici. I poeti maledetti considerano la poesia come simbolo di una realtà superiore, dell'eternità, dell'infinito, come è chiaro nella Saison en Enfer di Rimbaud (Elle est retrouvè. Quoi? L'eternitè); oltre a quelli del simbolismo, si ravvisano nell'opera di questi autori anche i principali caratteri del decadentismo. La poesia è dunque un modo per cogliere l'essenza profonda della realtà, non quella che percepiamo, ma una più profonda ed in attingibile. Il poeta è il veggente in grado di rivelare questa realtà sconosciuta. I poeti maledetti sono celebri anche per l'abuso, intesto come "illuminante", che estende il campo dei sensi, delle droghe, tra cui l'oppio, il laudano e, più di tutti, l'assenzio, frequentano continuamente prostitute megeriche ed inoltre sono dediti normalmente al bere.
Il decadentismo
Il termine “ Decadentismo” si riferisce ad un movimento letterario nato a Parigi negli anni Ottanta dell’800. Fu Paul Verlaine ad inaugurare la corrente tramite la formulazione del sonetto “Laungueur” (Languore), pubblicato sul periodico parigino “Le Chat Noir” il 26 Maggio 1883: la poesia esprimeva uno stato d’animo diffuso nella cultura del tempo, ovvero quel senso di disfacimento e decadenza, di perdita di ogni speranza e di compiacimento autodistruttivo che preparavano ad un imminente crollo della civiltà e della vita. Il Decadentismo si oppone fortemente al Positivismo. I Decadenti non credono più che la realtà è un insieme di fatti concreti, regolati da leggi meccaniche e invariabili, al contrario, il Decadentismo crede che la ragione e la scienza non possano dare una vera conoscenza del reale, perché l’essenza del reale è al di là delle cose, è misteriosa, ambigua, indecifrabile, e può essere compresa solo liberandosi di una struttura razionale di pensiero. Per questo il poeta decadente ricerca quegli stati di grazie e perdita di sé che gli permettano di entrare in contatto con l’assoluto e l’inconoscibile. Strumenti principi della conoscenza divengono gli stati abnormi della coscienza, come la l’allucinazione, la malattia, il delirio, la pazzia, il sogno e l’incubo. Per poter sfruttare tali stati, spesso i poeti li producono artificialmente: fanno un uso massiccio di alcool, assenzio e droghe come hashish, oppio, morfina, con la convinzione che tali sostanze amplifichino le facoltà umane e stimolino la creatività artistica.
Lo stato abnorme che crea un ponte tra il letterato e la Verità può essere raggiunto anche in un altro modo: con le cosiddette epifanie. Il termine greco “epiphanìa” significa apparizione e manifestazione, e allude alla genialità dei Decadenti che, senza alcun indizio, danno un’improvvisa importanza a dettagli che per la gente comune sono insignificanti, ma che si offrono ai loro occhi come messaggi provenienti dalla dimensione profonda delle cose.
Si ritiene che tutti gli aspetti dell’essere siano legati tra loro da una serie di rimandi e indizi, e tale rete può essere colta solo in un momento di abbandono, attraverso visioni ed illuminazioni, senza continuità e certezze. Ogni oggetto visibile è simbolo e allusione a qualcos’altro, qualcosa di più profondo e complesso: la realtà è una visione strutturata su una serie di corrispondenze. “Corrispondenze” è proprio il titolo di un sonetto di Baudelaire, pubblicato nella sua raccolta “Les Fleurs Du Mal” (I fiori del male) del 1857, che, pur essendo di molto precedente alla nascita del Decadentismo, venne assunto in seguito come manifesto della tendenza stessa.
La rete di corrispondenze coinvolge anche l’uomo, che perde di consistenza e autonomia oggettiva e si trova a fondersi con il mondo: si ha un’unione tra soggetto e oggetto, tra “io” e “altri”, che perdono la propria identità. E’ questa la visione religioso-filosofica del Panismo ( dal greco “pan”, tutto) che auspica l’annullamento di ogni cosa in qualsiasi altra, di Dio o dello Spirito in ogni aspetto della natura e della materia, fino all’estrema credenza per cui ogni filo d’erba, fiore, nuvola sarebbero espressione di una natura assoluta e divina.
Vero nucleo della poetica decadente è la scoperta e valorizzazione dell’inconscio: esso non è studiato in maniera scientifica e razionalistica (come fece Freud con la sua psicoanalisi), ma è una specie di vortice in cui i Decadenti si lasciano annegare, con la speranza di poterci trovare dentro l’essenza della realtà e della verità.
Decadentismo: Due diverse concezioni
Concezione ristretta: Movimento letterario che nasce a Parigi in Francia nel 1883 che da origine ad una vera e propria scuola, con la pubblicazione del sonetto “Languore” di Verlaine (pubblicato sulla rivista “Le Chat Noir”)
Concezione ampia: Corrente di pensiero che si sviluppa intorno agli anni ’80 del 1900 e si diffonde influenzando gli autori successivi.
La visione del mondo decadente
Si rifà al romanticismo e porta a compimento alcune tematiche romantiche, si oppone al positivismo. La realtà non è quello che appare perché è solo un simbolo, la realtà sta dietro a quello che si vede, e per vederla occorre uno stadio alterato dei sensi e questo è possibile solo dai poeti, artisti e musicisti. L’intuizione, cioè l’inconscio è lo strumento attraverso il quale si può accedere alla realtà oppure vi si poteva accedere anche attraverso i vari stati d’alterazione dell’io come: la nevrosi, la follia, l’allucinazione, l’incubo provocati dall’alcol e dalle droghe. La realtà nel mondo decadente ha due forme:
Realtà fenomenica: realtà apparente.
Realtà noumenica: realtà vera e misteriosa.
1700, Kant distingue |
Fenomeno: Realtà fenomenica apparente, unica conoscibile. |
Noumeno: Essenza vera della realtà inconoscibile. |
1800-1900 Schopenhauer |
Fenomeno: E’ uguale a Kant. |
Noumeno: Può essere conosciuto unicamente dal filosofo che solo in particolari circostanze per illuminazione improvvisa può sollevare il velo di Maya del fenomeno. |
Il velo di Maya
Il punto di partenza della filosofia di Schopenhauer è la distinzione che lui attua fra il “fenomeno” e il “noumeno”. Distinzione chiaramente ripresa da Kant, ma che porterà Schopenhauer a conclusioni totalmente diverse da quelle kantiane. Per Kant infatti il fenomeno è la realtà stessa che in quanto tale deve essere analizzata, studiata ed essere fonte di conoscenza, “è la realtà come ci appare tramite le forme a priori che sono proprie della nostra struttura conoscitiva. In altri termini il fenomeno è l’oggetto della conoscenza in quanto condizionato dalle forme dell’intuizione (spazio e tempo) e dalle categorie dell’intelletto”. Se dunque il fenomeno è l’unica fonte di conoscenza, il noumeno rappresenta invece il “limite” oltre il quale non si deve mai andare in quanto altrimenti, secondo Kant, si cadrebbe nella metafisica e non più nella filosofia, è una sorta di promemoria che ci mostra i limiti della conoscenza.
Come detto anche Schopenhauer riprende questa divisione ma ritiene, al contrario di Kant, che l’unica realtà che il filosofo deve scoprire è quella del noumeno, la vera essenza che è mascherata del fenomeno. Egli ritiene infatti che il fenomeno sia solo illusione e parvenza, una sorta di sogno che copre e non mostra la vera realtà.
È quello che nell’antica tradizione indiana viene chiamato “velo di Maya”, ossia quel velo appunto che copre la verità, la maschera.
<<E’ Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno , rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia , che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o che rassomiglia alla corda gettata a terra che egli prende per un serpente.>>
Proprio in seguito a queste considerazioni Schopenhauer arriva a definire il compito del filosofo come quello di svelare la realtà, di scoprire il noumeno a questo velo ingannatore, da tutte le illusioni che lo coprono.
Il Mondo come Volontà e Rappresentazione: Schopenhauer modifica leggermente questo concetto, definendo fenomeno l'illusione, la parvenza, separata attraverso il velo di Maya dal Noumeno, la vera realtà che si nasconde e che il filosofo deve scoprire (bisogna ricordare che Kant considerava i fenomeni più o meno veritieri visto che erano legati ad una realtà, anche se inconoscibile).
“Il mondo come volontà e rappresentazione” esprime, almeno in parte appunto questi concetti in quanto secondo Schopenhauer la rappresentazione è la stessa realtà in quanto essa è l'oggetto di conoscenza da parte del soggetto, infatti il filosofo afferma : tutto ciò che esiste quindi la conoscenza - dunque questo mondo intero - è solamente oggetto i rapporto al soggetto , intuizione di chi intuisce, in una parola , rappresentazione."
Se riportiamo alla memoria la divisione kantiana tra fenomeno ( il quale è la realtà, l'unica realtà accessibile alla mente umana) e noumeno ( il quale è un concetto - limite che serve da memoria critica per rammentarci i limiti della conoscenza ), possiamo notare come Schopenhauer faccia coincidere l'ambito della rappresentazione con l'ambito del fenomeno kantiano. Dopo aver proceduto quindi in questa distinzione il filosofo vuole però cogliere anche la verità, il noumeno, l’essenza e squarciare il velo che la copre. L’unico modo per farlo, è cercare di coglierlo in modo intuitivo in quanto la verità è irrazionale e non può dunque essere colta con un ragionamento. Proprio questo processo intuitivo, ci permette di coglierci non solo come mente, ma anche come corpo, all’interno del quale vi è la nostra essenza. Infatti la mente rimanda all’intelletto, i corpo invece ai nostri istinti. Infatti, proprio “ripiegandoci” su noi stessi ci rendiamo conto che l’essenza più profonda del nostro io è la “volontà di vivere” ossia un impulso incontrollabile che ci spinge ad agire e ad esistere. Secondo Schopenhauer però, affermare che l’essere è manifestazione della Volontà, equivale a dire che la vita è dolore. Infatti volere significa desiderare, e quindi trovarsi in uno stato di tensione per la mancanza di qualcosa che invece si vorrebbe appunto possedere. Il desiderio dunque per sua definizione risulta mancanza di qualcosa, vuoto e quindi dolore. Proprio per questo gli uomini hanno creato delle menzogne, delle illusioni con le quali tentano di celare almeno in parte questa dura realtà. [A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione]
Charles Baudelaire
Grand poète du XIXème siècle, Charles Baudelaire est connu pour sa vie de bohème. Auteur torturé, il publia de son vivant une seule œuvre, Les Fleurs Du Mal Ce recueil de poèmes fut condamné et censuré à sa sortie, car trop choquant pour la morale bourgeoise, avant de passer à la postérité. Baudelaire y met en lumière la dualité entre la violence et la volupté, le bien et le mal, la laideur et la beauté, l’enfer et le ciel.
Biographie d'un poète maudit
Né à Paris le 9 avril 1821, Charles Baudelaire n’a que six ans lorsque son père meurt. Il entre au lycée Louis le Grand à Paris. Baudelaire se fait remarquer par son caractère rebelle. Il commence à fréquenter le Quartier latin. En 1839, il est renvoyé de Louis le Grand mais obtient néanmoins son baccalauréat. Il choisit délibérément une vie de bohème. En juillet 1857, Baudelaire publie son oeuvre majeure : Les Fleurs du Mal. Ce recueil de poèmes est condamné « pour outrage à la morale publique et aux bonnes mœurs ». Baudelaire et son éditeur doivent payer une lourde amende. Une nouvelle édition est produite 1861, d’où sont supprimées six poèmes conformément au jugement prononcé. Une demande de réhabilitation des Fleurs du Mal devant la cour de cassation aboutira le 30 mai 1949, et annulera la précédente condamnation. Croulant sous les dettes, Baudelaire part en Belgique pour y donner des conférences. Dans un premier temps plein d’espoir pour ce nouveau départ, il est vite déçu par cette expérience. Il séjournera en Belgique de 1864 à 1866, date à laquelle le poète commence à avoir de sérieux problèmes de santé (syphilis, perte de la parole…).Il retourne à Paris en juillet 1866. Il s’y éteint un an plus tard, à l’âge de quarante-six ans, des suites de la syphilis, de l’abus d'alcool et autres drogues. Baudelaire, qui a mené une vie en totale opposition avec les codes moraux de son époque, est l’image même du poète écorché vif. Non reconnu de son vivant, le poète en tira une profonde tristesse. Il sera ensuite acclamé par ses successeurs : "le vrai Dieu" selon Rimbaud, "le premier surréaliste" pour Breton ou encore "le plus important des poètes" pour Valéry. Ses œuvres inaugurent la modernité en poésie.
La Fontaine de Sang
Il me semble parfois que mon sang coule à flots,
Ainsi qu'une fontaine aux rythmiques sanglots.
Je l'entends bien qui coule avec un long murmure,
Mais je me tâte en vain pour trouver la blessure.
À travers la cité, comme dans un champ clos,
Il s'en va, transformant les pavés en îlots,
Désaltérant la soif de chaque créature,
Et partout colorant en rouge la nature.
J'ai demandé souvent à des vins captieux
D'endormir pour un jour la terreur qui me mine;
Le vin rend l'oeil plus clair et l'oreille plus fine!
J'ai cherché dans l'amour un sommeil oublieux;
Mais l'amour n'est pour moi qu'un matelas d'aiguilles
Fait pour donner à boire à ces cruelles filles!
Le bevande alcoliche
« L'uomo non sperimenterà mai la vera felicità a meno che non sia ubriaco. »
(Schopenhauer)
Sono così denominate perché contengono percentuali di alcol derivante dalla fermentazione degli zuccheri. Tali bevande vengono così classificate:
-Bevande alcoliche fermentate
-Bevande alcoliche distillate
-Bevande alcoliche liquorose
Le bevande alcoliche fermentate si ottengono tramite fermentazione alcolica degli zuccheri contenuti nei frutti o nei cereali (ad esempio il vino dall’uva o la birra dall’orzo). Le bevande alcoliche distillate si ottengono dalla distillazione di mosti fermentati di frutta o di cereali. Si tratta di bevande ad alto contenuto alcolico, che vengono commercializzate con denominazioni tipiche in base al prodotto dal quale si ricavano. Le bevande distillate si distinguono in:
-Alcoliche: da vino, vinacce, fecce.
-Alcolizzabili: da materie zuccherine e amidacee.
Esempi di distillati che appartengono alla categoria delle bevande alcoliche sono: brandy, cognac, armagnac, grappa, acquaviti. Sono, invece, esempi di distillati alcolizzabili: scotch, whisky, rum, vodka, gin. Le bevande alcoliche liquorose si distinguono da quelle distillate sia per la modalità con cui vengono preparate, sia per la loro composizione chimica, generalmente più povera di alcol e più ricca di zucchero. Si ottengono dall’aromatizzazione dell’alcol etilico oppure dalla mescolanza di alcol con 1 o più bevande alcoliche, il loro contenuto di zucchero minimo è di 100 gr per litro. Si raggruppano in:
-Al succo di frutta: quando al liquore viene aggiunta una componente di succo di frutta fresca non inferiore al 12 %.
- All’aroma di frutta: quando il liquore viene caratterizzato dal sapore e dall’aroma del frutto.
-D’erbe e di radici: quando sono prodotte per infusione o distillazione di erbe.
-Emulsionante: quando contengono sostanze grasse
Vi sono anche liquori all’uovo, al miele, alle creme (questo tipo di liquori deve contenere un minimo del 80 % di zucchero per litro).
Le mescolanze alcoliche:
Con il termine mescolanze alcoliche intendiamo le bevande, costituite da diversi ingredienti, che hanno una sostanza alcolica come base. Vengono comunemente denominate con il termine drink e si distinguono in: short drinks, long drinks, e hot drinks. In base al momenti in cui vengono consumate si classificano in:
-Aperitive: dal gusto secco, amabile, atte a stimolare l’appetito.
-Digestive: Dal gusto secco o amabile aromatizzate nella maggior parte dei casi con estratti d’erbe.
-Dissetanti: Miscele lunghe dissetanti di natura alcolica e non.
L’assenzio oggi
La famigerata bevanda del XIX secolo fu messa al bando nel periodo della monarchia italiana e rimane tuttora illegale in quasi tutta Europa e negli USA. In Italia, dove la pianta cresce abbondante e diffusissima, è nota come assenzio maggiore e, come erba officinale medicamentosa, è vendibile solamente dal farmacista in farmacia. Le leggi di riferimento sono due:
TESTO UNICO DELLE LEGGI DI PUBBLICA SICUREZZA RD 18 Giugno 1931, n. 773 TULPS - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 giugno 1931, n. 146.
Art. 105 - (art. 103 T.U. 1926) Sono vietate la fabbricazione, l'importazione nello Stato, la vendita di qualsiasi quantità ed il deposito per la vendita del liquore denominato in commercio "assenzio". Salvo quanto è stabilito dalle Leggi sanitarie, sono escluse da tale proibizione le bevande che, avendo un contenuto alcoolico inferiore al 21% del volume contengono infuso di assenzio come sostanza aromatica.
L'esclusione della proibizione per gradi alcolici inferiori al 21% in volume permette, per esempio, di commercializzare l'amaro Lucano, composto da 9 erbe: angelica, ruta, assenzio, salvia, sambuca, timo, centaurea minore, ginepro, genziana maggiore. Accanto a questo amaro certamente innocuo, è possibile trovare in commercio l'assenzio ad alta gradazione alcolica. Questo liquore, come qualsiasi altro liquore non può essere venduto (né prodotto) in farmacia, ma forse lo si potrebbe trovare da qualche disinvolto rivenditore di liquori. Per capire come sia possibile, occorre partire dalla Francia, dove nonostante il divieto interno, è possibile vendere in altri Paesi l'assenzio prodotto, perché quando il divieto fu messo in atto nel 1915 il Governo francese lasciò in vigore una licenza per la sola esportazione, in modo da permettere lo smaltimento dei fiumi di assenzio rimasti dopo il divieto.
Nel 1910 furono venduti in Francia trentasei milioni di litri di assenzio. Le cifre di vendita annuali salirono a duecentoventi milioni di litri nel 1912, ma entro il 1915 tale cifra crollò a zero, poiché l'assenzio divenne una sostanza proibita. In Italia, la monarchia aveva vietato l'assenzio dopo un referendum nel 1931; ma, nel 1998, i proprietari di La Fée avevano constatato che il Diritto dell'Unione Europea avrebbe consentito la vendita dell'assenzio nel Regno Unito. Continuando le loro ricerche, ottennero l'emissione del decreto legislativo dell'Unione Europea DL 25.01.92 N. 107 (Specificazioni concernenti gli aromi destinati ad essere impiegati nei prodotti alimentari ed ai materiali di base per la loro preparazione - G.U. n°39 del 17.2.92), che - a dispetto di un articolo di legge non abrogato - sembra consentire la vendita dell'assenzio in Italia (in e-commerce), per soddisfare la libera circolazione delle merci in ambito U.E.